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Christo e l’arte di trasformare il paesaggio

Christo Vladimirov Javacheff, conosciuto come Christo, è stato uno degli artisti più riconoscibili del XX e XXI secolo per il suo approccio radicale all’arte ambientale. Nato nel 1935 a Gabrovo, in Bulgaria, Christo ha lasciato un’impronta indelebile nel mondo dell’arte contemporanea nonostante le sue opere fossero per loro natura temporanee, progettate per esistere solo per un tempo limitato e poi scomparire senza lasciare traccia materiale.

Dalla Bulgaria a Parigi, poi a New York

La vita di Christo è segnata fin dall’inizio dalla fuga e dal movimento. Dopo aver studiato all’Accademia di Belle Arti di Sofia sotto un regime comunista, nel 1957 riuscì a fuggire in Occidente, stabilendosi prima a Vienna, poi a Ginevra e infine a Parigi. È proprio nella capitale francese che conobbe Jeanne-Claude Denat de Guillebon, artista con cui condividerà tutta la vita personale e professionale. I due iniziarono a collaborare negli anni Sessanta, anche se Jeanne- Claude verrà ufficialmente riconosciuta come co-autrice solo a partire dagli anni Novanta.

Un’arte effimera, ma monumentale

Le opere di Christo si distinguono per una caratteristica fondamentale: non sono pensate per durare. Gli interventi artistici da lui realizzati, spesso insieme a Jeanne-Claude, sono installazioni su larga scala, site-specific e temporanee, che coinvolgono edifici, paesaggi naturali, infrastrutture urbane. Sono progetti complessi che richiedono anni di preparazione, permessi, mediazioni con le autorità, supporto tecnico ed economico. Ma alla fine, la loro esistenza concreta dura pochi giorni o settimane.

Una delle particolarità del lavoro della coppia è che le opere non venivano mai finanziate con fondi pubblici o sponsorizzazioni: l’intero costo veniva coperto dalla vendita dei bozzetti, dei disegni preparatori e di altre opere originali. Questo modello garantiva loro piena autonomia creativa e gestionale, elemento cruciale nella loro visione artistica.

I grandi progetti

Tra i lavori più noti di Christo e Jeanne-Claude spiccano interventi che hanno coinvolto alcune delle architetture e dei paesaggi più iconici del mondo. Il Wrapped Reichstag (1995) a Berlino, dove il Parlamento tedesco venne avvolto da 100.000 metri quadrati di tessuto argentato, è considerato una delle loro opere più potenti, simbolicamente e visivamente. Il progetto richiese 24 anni di trattative prima di ottenere l’autorizzazione.

Altri interventi di rilievo includono:

The Pont Neuf Wrapped (1985), a Parigi, in cui il più antico ponte sulla Senna fu ricoperto da un tessuto color sabbia.

The Umbrellas (1991), con 3.100 grandi ombrelli installati simultaneamente in California e Giappone.

The Gates (2005), a Central Park, New York, composto da oltre 7.000 strutture arancioni che seguivano i sentieri del parco.

• Floating Piers (2016), sul Lago d’Iseo in Italia, un ponte galleggiante percorribile a piedi che collegava la terraferma all’isola di Monte Isola. In 16 giorni, l’opera fu attraversata da oltre 1 milione di persone.

Il senso di un’arte temporanea

Il valore delle opere di Christo non risiede nell’oggetto artistico, ma nel processo, nella trasformazione temporanea di uno spazio pubblico e nell’esperienza collettiva che genera. L’arte, per lui, doveva essere vissuta nel presente, senza mediazioni e senza il vincolo del possesso. Una volta terminata, l’opera veniva smontata e ogni elemento riciclato o rimosso, come a voler azzerare ogni tentazione di commercializzazione. Questa visione si scontra con le logiche del mercato dell’arte, ma è proprio ciò che ha reso il lavoro di Christo riconoscibile e coerente. L’artista stesso ha sempre sottolineato come la libertà totale fosse il punto centrale della sua pratica: “Non c’è nessun significato nascosto. Non ci sono messaggi. L’opera è solo ciò che vedete”.

L’ultima opera

Nel 2021, a un anno dalla sua morte (avvenuta nel maggio 2020), è stata realizzata postuma l’opera L’Arc de Triomphe, Wrapped, a Parigi. Ideato già negli anni Sessanta, il progetto ha visto il celebre monumento parigino interamente avvolto in tessuto argento-blu, legato con corde rosse.

Anche in questo caso, la realizzazione ha richiesto anni di preparazione e il coinvolgimento di numerosi esperti. È stata l’ultima grande visione di Christo a prendere forma, simbolicamente nel luogo dove tutto era cominciato.

Un lascito intangibile

Christo non ha lasciato collezioni permanenti o opere da museo. Il suo contributo all’arte contemporanea si misura nella capacità di coinvolgere il pubblico, di ripensare lo spazio urbano e naturale, e di affermare che un’opera può avere un impatto enorme anche senza lasciare tracce fisiche. La sua carriera dimostra che l’arte può essere temporanea, libera, pubblica, eppure restare nella memoria collettiva in modo permanente.

Noi di Artistinct ammiriamo la figura di Christo: crediamo che sia stato un artista innovatore nelle sue intenzioni e nel suo operato, oltre ad aver avuto la grande capacità di istituzionalizzarsi, collaborando con enti e organizzazioni statali. Tuttavia, pensiamo che l’arte sia anche capace di adeguarsi e a legarsi a differenti logiche di mercato, creando un business che integri pienamente finanza e cultura artistica.

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