Nella storia ci sono stati molti grandi mecenati che si sono fatti carico, per passione o per
investimento, di portare l’arte a un alto livello.
La newyorkese Peggy Guggenheim non è stata solo una collezionista d’arte, ma una vera pioniera.
Ha plasmato il panorama culturale del Novecento, favorendo la nascita di nuove avanguardie e con
il suo gusto eclettico e la sua audacia, ha creato una delle collezioni d’arte più importanti al mondo.
Il suo nome è legato non solo a capolavori dell’arte moderna, ma anche a un approccio radicale al
collezionismo, guidato più dall’istinto che dal consenso.
Le origini di una passione
Nata nel 1898 a New York, Marguerite Guggenheim , meglio conosciuta come Peggy , proveniva da
una famiglia già immersa nel mondo dell’arte e del mecenatismo. Suo padre, Benjamin
Guggenheim, era un magnate dell’industria mineraria, tragicamente scomparso nel naufragio del
Titanic.
Ma a gettare le basi per l’eredità culturale della famiglia fu lo zio Solomon R. Guggenheim,
fondando nel 1937 la celebre Solomon R. Guggenheim Foundation e aprendo successivamente il
museo che porta il suo nome a New York.
Nonostante questo, Peggy decise di intraprendere una strada autonoma e anticonformista,
determinata a scrivere il suo capitolo nella storia dell’arte.
Gli anni europei e l’ascesa come mecenate
Nel 1921, Peggy si trasferì in Europa, dove entrò in contatto con gli ambienti artistici d’avanguardia
di Parigi e Londra. Fu proprio in questo periodo che iniziò a collezionare opere di artisti emergenti
come Marcel Duchamp, Max Ernst (che divenne anche suo marito per un breve periodo), Salvador
Dalí e molti altri.
Nel 1938, aprì la sua prima galleria a Londra, la Guggenheim Jeune, dove espose artisti allora poco
conosciuti, come Henry Moore e Wassily Kandinsky. Tuttavia, il suo progetto più ambizioso era
quello di aprire un museo dedicato all’arte contemporanea.
Il progetto si interruppe prima di nascere con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Peggy fu
costretta ad abbandonare l’Europa e tornare a New York per trovare rifugio.
Nonostante tutto, non si fermò: durante la guerra si impose l’obiettivo di acquistare un quadro al
giorno. Grazie a questa decisione, oggi la sua collezione include opere di Picasso, Francis Picabia,
Piet Mondrian e molti altri.
Nel 1942 inaugura a New York la galleria museo “Art of This Century” dove espone le opere
surrealiste, astratte e cubiste della sua collezione. Offre esposizioni anche ad artisti emergenti, come
ad esempio la prima personale di Pollock nel 1943 e crea diversi collettivi di artiste donne.
La svolta veneziana
Nel 1947, dopo la guerra Peggy fece ritorno in Europa e scelse Venezia come sua dimora
permanente. La città lagunare, con la sua storia e il suo fascino unico, divenne il palcoscenico
perfetto per il suo spirito innovatore.
Acquistò Palazzo Venier dei Leoni sul Canal Grande, un edificio del settecento incompiuto che
divenne non solo la sua residenza, ma anche la sede della sua straordinaria collezione.
Nel 1948, la sua collezione fu esposta alla Biennale di Venezia nel padiglione della Grecia,
suscitando grande interesse in quanto si vedevano per la prima volta in Europa opere di Pollock e
Rotchko, e consolidando il suo ruolo di mecenate internazionale.
A partire dal 1951 inizia ad aprire la sua casa al pubblico e nel 1962 ottiene la cittadinanza onoraria
dalla città di Venezia.
La Peggy Guggenheim Collection di Venezia ad oggi ospita circa 200 opere ed è uno dei musei più
visitati d’Italia e una tappa obbligata per gli amanti dell’arte moderna.
Un viaggio nelle Avanguardie Europee
Uno dei nuclei più significativi della collezione è rappresentato dalle opere cubiste.
Tra queste spicca “Il poeta” di Pablo Picasso (1911), un’opera che mostra l’evoluzione del
linguaggio cubista nell’analisi delle forme e della loro scomposizione geometrica.
Altra opera fondamentale è “Bottiglia di rum e giornale” di Juan Gris (1914), dove il trattamento
delle superfici e la disposizione degli oggetti evocano la tipica sintesi cubista.
Tra gli astrattisti, Piet Mondrian è presente con “Composizione n. 1 con grigio e rosso/
Composizione con rosso” (1938-39), un’opera che incarna il rigore e l’armonia del neoplasticismo.
Jackson Pollock occupa un posto d’onore. Peggy fu una delle prime a credere nel suo talento,
acquistando numerose opere e commissionandogli anche lavori per la sua casa.
Tra i capolavori esposti spicca “Alchemy” (1947), una tela dove Pollock sperimenta la tecnica del
dripping, applicando colori e materiali direttamente sulla tela con gesti spontanei e dinamici.
Altri esponenti dell’Espressionismo astratto presenti nella collezione sono Mark Rothko e Clyfford
Still, entrambi rappresentati da opere che esaltano il colore e la profondità emotiva della pittura.
Ma non solo astrattismo: il Surrealismo, una delle correnti predilette di Peggy, occupa uno spazio
centrale nella collezione.
Tra gli artisti di spicco troviamo Salvador Dalí con “Nascita dei desideri liquidi” (1931), un dipinto
che esplora il subconscio attraverso immagini oniriche e cariche di simbolismo. Un’altra opera
iconica è “La vestizione della sposa” di Max Ernst (1940), un dipinto che Peggy acquistò per il suo
significato personale, dato che Ernst fu suo compagno per diversi anni. Questa tela surreale, ricca di
dettagli enigmatici e figure ibride, riflette il complesso immaginario dell’artista.
Non poteva mancare René Magritte, di cui Peggy possiede “L’impero delle luci” (1954), un’opera
che gioca con la luce e l’oscurità, creando un’atmosfera sospesa e misteriosa.
La collezione di Peggy non si limita alla pittura, ma comprende anche importanti sculture. Tra
queste spicca l’imponente “mucca” di acciaio di Alexander Calder, un’opera cinetica che gioca con
il movimento e la leggerezza dei materiali. Alberto Giacometti è presente con le sue figure filiformi
e inquietanti, come “Donna che cammina”del 1936, un’iconica scultura in gesso che esplora la
condizione umana e la solitudine.
Un’eredità senza tempo
La collezione di Peggy Guggenheim non è solo una raccolta di opere d’arte, ma un manifesto del
suo gusto e della sua personalità. Ogni opera racconta una storia, un incontro, una scoperta. Peggy
ha saputo vedere oltre il suo tempo, sostenendo artisti che hanno cambiato la storia dell’arte e
lasciando un’eredità che continua a ispirare generazioni di appassionati e studiosi.
Il Palazzo Venier dei Leoni non è solo un museo, ma un luogo dove passato e presente si
incontrano. Con le sue sale e il giardino delle sculture, l’arte continua a vivere e a dialogare con i
visitatori, proprio come Peggy desiderava.


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