Il futuro dell’arte passa sempre di più attraverso nuove forme di collaborazione tra creatività e business. Lo ha dimostrato il talk “Arte e Impresa”, ospitato ieri a Casa degli Artisti di Milano, crocevia della creatività contemporanea e simbolo della sua vocazione interdisciplinare.
Nell’accogliente spazio milanese che da decenni rappresenta un punto di riferimento per la ricerca artistica contemporanea, abbiamo assistito a uno di quei dibattiti che lasciano il segno. Il talk “Arte e Impresa”, moderato con la consueta maestria da Susanna Ravelli, ha messo attorno al tavolo protagonisti di mondi apparentemente distanti: artisti, imprenditori, investitori e rappresentanti di fondazioni, ma accomunati da una certezza: il mecenatismo non può più limitarsi a essere un gesto filantropico. Oggi diventa una leva strategica, capace di produrre valore culturale, sociale ed economico.
Il coraggio di reinventarsi
Il primo a prendere la parola è l’artista Alessandro Pongan, e nella sala si percepisce subito una particolare attenzione. Non è solo l’artista che presenta la propria mostra, ma il testimone di un percorso che parla a molti. “Entrare nel mondo dell’arte dopo quasi cinquant’anni nel design e nel mondo della comunicazione industriale è stato difficile”, confessa senza retorica. Una sincerità disarmante che attraversa il pubblico come una scossa elettrica.
Nella sala c’è chi sembra improvvisamente consapevole che i percorsi artistici non seguono più le traiettorie lineari di un tempo. Le opere della mostra “TOTEM – Ex Voto” che fanno da cornice all’incontro parlano da sole: geometrie rigorose che si sposano con immaginazione poetica, spiritualità che incontra tecnologia. È la prova tangibile che l’esperienza industriale, lungi dal rappresentare un ostacolo, può alimentare una ricerca artistica inedita e sorprendente.
Mecenatismo con visione
Quando Massimo Pozzi Chiesa prende la parola, l’atmosfera in sala si fa ancora più concentrata. EVP di GC Holding e fondatore di Sinergia Venture, ma soprattutto promotore della Fondazione Pozzi Chiesa, rappresenta quella categoria di imprenditori che ha compreso come il sostegno all’arte possa andare oltre il calcolo del ritorno immediato.
“Il nostro finanziamento al progetto è un atto di mecenatismo puro, non orientato al ritorno puramente economico”, dichiara con una chiarezza che non lascia spazio a fraintendimenti. È il volto di un capitalismo culturalmente consapevole, che investe non solo per profitto ma per generare benefici diffusi.
Il racconto della realizzazione della mostra diventa emblematico: Aziende di trasporti, fonderie specializzate, sarti, professionisti del suono. Un ecosistema di imprese che hanno collaborato per dar vita a un progetto artistico. Non marketing, non sponsorizzazione tradizionale, ma vera co-creazione culturale. Si sta assistendo alla nascita di una nuova grammatica della collaborazione arte-impresa.
Le imprese custodi della memoria
Antonio Calabrò prende la parola con l’autorevolezza di chi ha dedicato una carriera a costruire ponti tra cultura e business. Senior Vice Presidente Cultura del gruppo Pirelli, direttore della Fondazione Pirelli e presidente di Museimpresa, porta sul tavolo un fenomeno che merita attenzione: la crescita dei musei d’impresa.
“I musei d’impresa sono fondamentali per mantenere viva la cultura e la storia delle aziende italiane”, afferma, e non si può fare a meno di ritrovarsi a pensare ai tanti archivi aziendali che custodiscono tesori spesso sconosciuti al grande pubblico. Calabrò descrive una realtà in evoluzione: non più prerogativa esclusiva delle grandi multinazionali, questi spazi stanno proliferando anche tra piccole e medie imprese che hanno capito il valore strategico della propria storia.
Mentre parla,si capisce di star assistendo alla narrazione di un’Italia imprenditoriale matura, che non considera più la cultura un ornamento ma un vero asset competitivo. I musei d’impresa diventano strumenti di identità e posizionamento in un mercato globale sempre più affollato e indifferenziato.
L’arte nell’era digitale
Daniele Fazio chiude la serata con l’energia di chi sta costruendo il futuro. Founder e CEO di Artistinct S.r.l, presenta un modello che potrebbe rivoluzionare il mercato dell’arte. La sua startup si propone come un “nuovo ecosistema digitale” che mette in rete artisti emergenti, professionisti affermati, collezionisti,investitori e diverse realtà a 360 gradi secondo il modello Ikigai.
“Il nostro obiettivo è creare opportunità concrete di lavoro e collaborazione nel mondo dell’arte”, spiega, e nelle sue parole si sente l’eco di una generazione che non accetta più che il talento artistico rimanga isolato. È un ribaltamento di paradigma: non più artisti in attesa di essere scoperti, ma creatori inseriti in dinamiche collaborative che generano valore per tutti.
Il mondo dell’arte sta attirando categorie di investitori nuove, sempre più consapevoli che la creatività può essere anche un’opportunità economica concreta.
Casa degli Artisti: un laboratorio di connessioni
Non è un caso che questo dibattito si svolga proprio qui. Casa degli Artisti, con i suoi 1.250 metri quadrati distribuiti su tre piani, rappresenta un modello di evoluzione culturale. Nato come spazio privato, oggi è un’istituzione pubblica sostenuta dal Comune di Milano: 11 atelier, spazi espositivi, bistrot, aree verdi che respirano insieme in un ecosistema creativo unico.
Susanna Ravelli, nel presentare questo spazio, ne sottolinea la vocazione internazionale e interdisciplinare. È esattamente quello che serve per favorire gli scambi tra artisti, società e impresa: un laboratorio dove sperimentare le collaborazioni di cui abbiamo sentito parlare stasera.
Un nuovo paradigma culturale
Il quadro emerso dal dibattito è chiaro: l’arte contemporanea italiana sta attraversando una trasformazione epocale. Il mecenatismo si evolve, i musei d’impresa si moltiplicano, le startup digitali creano nuove dinamiche.
Tutti questi segnali convergono verso un paradigma in cui arte ed economia non sono più mondi separati, ma parti di un sistema integrato. La sfida, emersa da più interventi, è preservare l’autenticità della ricerca creativa, evitando che venga schiacciata dalle logiche di mercato.
Ma se l’arte saprà mantenere la sua libertà espressiva, e gli esempi di questa serata dimostrano che è possibile, potrà diventare non solo specchio della società contemporanea, ma anche uno dei motori del suo futuro sviluppo.
Milano, ancora una volta, si conferma laboratorio privilegiato di questa trasformazione.


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